Dieci anni fa usciva uno dei più bei giochi per il telefono a cui abbia mai giocato: Monument Valley. Sviluppato dallo studio ustwo games, questo articolo di wallpaper* ne racconta la genesi e il futuro.
Gardeners è una serie di circa 40 fotografie scattate da Keith Arnatt tra il 1978 e il 1979. Immortalando persone comuni all’interno dei loro giardini, Arnatt ha cercato di scoprire quale legame si crei tra l’essere umano e la terra che gli appartiene e cura.
Cado spesso in piccole parentesi ciclistiche in questi ultimi passaggi nelle vostre caselle di posta e anche questa volta non mi smentirò.
In questa foto, scattata durante il Tour de France del 1971, il ciclista belga Roger De Vlaeminck si fa passare dalla moglie Marleen una bottiglia di vino.
Tra l’altro della borraccia come simbolo ne parla bene un libro dal titolo “Acqua passata. Vita, sorte e miracoli delle borracce nel ciclismo” di Bidon.
Ma c’è comunque un altro passaggio famoso, di acqua questa volta, nella storia ciclistica della Grande Boucle, datato 4 luglio 1952: quello tra Coppi e Bartali sul Col du Galibier, nella tappa Losanna-Alpe d'Huez, immortalato da Carlo Martini. Ma chi passò la bottiglia d’acqua a chi? Fu Coppi a darla a Bartali o viceversa? Al riguardo ha fatto chiarezza Chiara Alessi in una puntata del podcast “Cosa c’entra?” de Il Post.
Ho recentemente scoperto dell’esistenza dei Vargas Macciucca, una delle famiglie nobili più antiche di Spagna con base nel Regno di Napoli dal XVI secolo. A dire il vero, Macciucca è un soprannome che si sono dati per ricordare l’eroismo di Don Diego Perez de Vargas: durante un assedio dei mori nel 1247, perse chissà se la picca o la spada e decise di affrontare i nemici armato di un solo ramo di ulivo, mentre Don Alvaro Perez de Castro lo incitava con un: “Assì Vargas machuca” ovvero “Così Vargas stritola”.
Il vero protagonista (culturale) della famiglia fu senza dubbio il duca Tommaso I (1679 - 1775), uno dei massimi fautori del gioiello lasciato in eredità dai Vargas Macciucca, ovvero la loro biblioteca privata. Il duca introdusse l’uso di un ex libris con lo stemma di famiglia e il motto sopra citato, ma soprattutto un regolamento in 15 punti per il prestito dei libri.
Non venderlo. È un libro: dunque non contrassegnarlo con note.
Non ferirlo tagliuzzandolo o punzecchiandolo: non è un nemico.
Guardati bene dal fare sottolineature anche piccole, dentro, fuori, in qualunque parte.
Non sottoporre i fogli ad alcun peso, non piegarli, non spiegazzarli.
Non metterti a scarabocchiare nei margini.
Attenzione all’inchiostro: preferirebbe morire piuttosto che esser macchiato.
Usa all’interno solo striscioline di finissima carta.
Non darlo in prestito ad altri né di nascosto né apertamente.
Tienilo lontano da topi, tarli, scarafaggi, mosche e ladruncoli.
Stai in guardia dall’acqua, dal fuoco, dalla muffa, dalla sporcizia.
Usalo senza abusare.
Leggilo pure eccerpendo quanto ti pare.
Una volta che l’hai letto però non tenerlo presso di te in eterno.
Restituiscilo a posto, cucito e rilegato così come l’hai ricevuto.
Se farai tutto questo, anche se sconosciuto, sarai nel novero degli Amici, altrimenti, anche se noto, verrai cancellato.
Una scena terapeutica da “Parachute” di Brittany Snow.
Ogni tanto non è malaccio farsi un giro con sé stessi. Per qualche strano motivo mi viene in mente una cosa che Saul Steinberg scrisse ad Aldo Buzzi in una lettera:
“Se la mia vita, o la tua o di altri, fosse tradotta in architetture chissà che costruzioni mirabili, mancanza di logica, spreco di materiali, equilibri per miracolo, terreni sbagliati.”
A presto,
G.